LA RESTITUZIONE MELODICA
di Alessandro De Lillo

Dopo la pubblicazione del Graduale Triplex, nel 1979, apparve chiaro a ogni studioso, ma anche ai semplici appassionati, ciò che da tempo era noto, cioè che le versioni melodiche in esso contenute – ricordiamolo, quelle del Graduale Romanum del 1974 – in numerosissimi casi non coincidevano con le prescrizioni ritmiche e melodiche fornite dalla notazione metense e sangallese copiate sopra e sotto il rigo musicale.

Il motivo è risaputo. Le melodie dei brani erano rimaste in gran parte inalterate rispetto a quelle presenti nella prima edizione del Graduale Romanum del 1908, per la volontà di preservare le tradizioni di canto che a partire da tale data si erano instaurate.

Tuttavia, le conoscenze paleografiche (di fondamentale importanza la pubblicazione dei volumi della Paléographie Musicale di Solesmes, a partire dalla fine dell’800) e gli studi semiologici (centrale la figura di Eugène Cardine, 1905-1988) erano di molto progrediti rendendo necessaria, se non urgente, una revisione delle melodie effettuata alla luce delle più moderne metodologie di indagine.

Sono questi, in grande sintesi, i lineamenti di una storia che portò a una vasta attività di revisione dei brani – a partire dagli anni ’70, da parte di studiosi e gregorianisti europei – una storia che ha riempito i nostri Triplex di correzioni a matita, di annotazioni e rimandi, una storia che la musicologia ha denominato “restituzione melodica” e che prosegue con grande intensità ancora oggi.

Tuttavia non tutti sono al corrente del fatto che le origini di queste attività sono da collocare alla metà dell’800 e precisamente nell’opera pionieristica di un gesuita belga, Louis Lambillotte. Nel 1851 egli pubblicò un’opera che anticipava di circa cinquant’anni quelli che sarebbero diventati normali strumenti di lavoro della ricerca scientifica in questo campo: l’analisi paleografica e le tavole comparative.

Nel suo volume (Antiphonaire de Saint Grégoire. Fac-simile du Manuscrit de Saint-Gall, Paris, 1851) presentava una riproduzione completa [FIG. 1] del Cantatorium 359 di San Gallo – raccontando con vivace piglio narrativo le rocambolesche vicissitudini della sua copiatura – e ponendo in calce al volume una serie di esempi manoscritti del Gr. Viderunt omnes, [FIG. 2] in quelle che potremmo definire vere e proprie ‘tavole comparative’ ante litteram, allo scopo di documentare la matrice comune delle varie versioni del brano, sulla base di quello che egli definiva il “principe de collation”.

Chi volesse ripercorrere questa vicenda può consultare online sia il manoscritto originale, il Cantatorium di San Gallo, che la riproduzione fatta eseguire da Louis Lambillotte per l’Antiphonaire.

FIG. 1

 

FIG. 2